Il fenomeno dell’abusivismo all’interno dell’Area Protetta Regionale del Parco dell’Appia Antica, Roma
Abstract
È stato, inoltre, riconosciuto, da più recenti dati forniti dalla Regione Lazio e da Legambiente, che l’abusivismo nel Lazio non è più generato da fattori di necessità e che esso è connesso, in genere, all’obsolescenza degli strumenti urbanistici e normativi e alla carenza di risorse e controllo. A Roma, inoltre, l’illegalità sceglie le aree verdi per operazioni speculative, che negli ultimi due decenni si sono concentrate attorno alla grande corona dei parchi e delle aree protette che circondano la città.
Nel caso specifico dell’Appia è stato rilevato dall’Ente Regionale Parco dell’Appia Antica, che il fenomeno dell’abusivismo nel Parco segue proprie dinamiche legate soprattutto al settore terziario, che impianta le proprie attività commerciali lungo le strutture viarie del Parco. L’area del parco, per la sua posizione baricentrica nel territorio romano e per il minore traffico in zone che sono rimaste a più bassa densità edilizia, è, infatti, molto attraente.
ULTERIORE APPROFONDIMENTO (TESTO ESTESO)
Questo significa che rispetto al passato il fenomeno dell’abusivismo ha assunto delle declinazioni locali, di cui è necessario tenere conto, e a cui una politica emanata e gestita a livello centrale finisce per non rispondere adeguatamente.
Quello che è certo, e di cui questo studio costituisce un piccolo passo avanti (insieme alle analisi citate della Regione Lazio e dell’Ente Parco), è che per superare la città abusiva e il fenomeno degli illeciti che devasta il nostro territorio occorre ampliare lo sguardo oltre il dato quantitativo, per analizzare la natura dei fenomeni, capirne le patologie, distinguere le tipologie di abuso, proporre specifici progetti. L’obiettivo è quello di superare le immagini stereotipate che vengono veicolate soprattutto dalle campagne mediatiche di denuncia degli sfregi al paesaggio per cercare di mettere in campo strategie che possano curare le ferite, ma anche costruire ponti tra l’interesse individuale e quello collettivo. Bisogna cercare di andare oltre lo stallo che si è creato, promuovendo il recupero dei luoghi “abusati”, favorendo metodi che puniscano velocemente i reati e incoraggiando strategie che disincentivino la realizzazione dell’illecito, ma anche riflessioni capaci di ascoltare la “domanda” che emerge dall’interesse del singolo, che talvolta è espressione di deficit a più ampio spettro.
Nel caso del Parco dell’Appia, inoltre, ci sembra sia matura la stagione per potere iniziare a concepire alcune azioni di progettazione alla grande scala, che tengano conto del funzionamento e delle risorse del parco nel suo complesso, e non solo come sommatoria di singoli e specifici progetti, certamente importanti, ma non sufficienti. È sicuramente a tutti noto che il Parco dell’Appia ricade in massima parte su aree private; quindi, la necessità di un progetto d’insieme è, forse, ancora più urgente da realizzare, in quanto dovrebbe governare quelle azioni che possono garantire il godimento delle risorse archeologiche e paesaggistiche. A nostro parere, infatti, sarà proprio la maggiore fruibilità a potere più facilmente garantire l’arresto dei fenomeni di abusivismo e di illegalità all’interno delle aree protette.
La vastità del Parco e la crisi economica attuale devono farci propendere a concepire una fruizione di questo bene comune in modalità che non contemplino necessariamente l’acquisizione pubblica delle aree. L’eventualità di costruire un progetto di fruizione che possa realizzarsi per “infiltrazioni” nel territorio di piccole azioni di connessione, di utilizzo degli spazi, di godimento dei beni culturali e paesaggistici, implica anche la comprensione dei fenomeni di abusivismo per poterne mitigare gli aspetti di conflittualità con l’uso pubblico dei beni. A questo fine abbiamo costruito (cfr. il capitolo “interazioni tra illeciti e parco”) alcune mappe che mostrano la sovrapposizione dei fenomeni di abusivismo con i beni culturali e naturali, immaginate come strumento per potere decidere quali sono le azioni progettuali e di valorizzazione da intraprendere.
Per questo il nostro studio, che si è servito dei dati raccolti sul caso dell’abusivismo dalla Regione e dall’Ente Parco Appia Antica, ha voluto innanzitutto scorporare i dati per categorie d’uso e per tipologie di illecito, al fine di comprendere il fenomeno più puntualmente. I grafici da noi elaborati mettono a confronto, ad esempio, la cronologia degli illeciti in rapporto alla normativa urbanistica, oppure evidenziano la concentrazione lungo le principali arterie di scorrimento veicolare degli abusi commerciali, analizzano la consistenza (volumi, annessi, recinti, tettoie, movimenti terra, interni) e la tipologia d’uso (abitativa, commerciale, sportiva, agricola o produttiva) degli illeciti e la loro localizzazione, mettono in rapporto le aree con attività incompatibili da delocalizzare (secondo quanto affermato nel Piano di Assetto del Parco) rendendo evidente la loro conflittualità con i beni limitrofi.
Risultati della ricerca:
La ricerca aveva come obiettivo:
a. Graficizzazione del fenomeno dell’abusivismo ed elaborazione di mappe interpretative
b. Approfondimento progettuale sull’area della Travicella e sul suo ruolo nell’ambito del parco dell’Appia Antica. Qui infatti erano iniziate le pratiche per la delocalizzazione delle attività incompatibili con il Parco che permettono di rendere più godibili i beni culturali e paesaggistici presenti.